Documenti, prego

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Titolo: Documenti, prego

Autore: Andrea Vitali

Editore: Einaudi

Un’auto viaggia tranquillamente in autostrada, è una serata tranquilla nel nord Italia. A bordo tre funzionari di una azienda commerciale in viaggio di lavoro. I tre colleghi hanno lavorato tutto il giorno, sono stanchi. Decidono di fermarsi al primo autogrill che incontrano. Il parcheggio è quasi tutto libero, disattenti si parcheggiano al primo posto che capita, quello riservato ai portatori di handicap. All’interno dell’autogrill ci sono pochi avventori, le ragazze al bancone sono stanche ed assonnate. Arriva una auto scura, scende un personaggio piccolo di statura, entra nell’autogrill, chiede di chi è la macchina con il portatore di handicap, si presenta come un funzionario di un qualche ufficio giudiziario. I tre si presentano, forniscono le generalità, sembra un controllo di routine. Uno di loro ha il documento scaduto. La cosa sembra si possa risolvere con un rimbrotto, ma non è così. La persona con il documento scaduto viene invitata gentilmente ma fermamente a seguire il funzionario nella sua auto.

Inizia una avventura inquietante, a tratti drammatica, a tratti assurda. La storia racconta di eventi che potrebbero essere veri o prodotti dalla immaginazione del protagonista. Il racconto ha la tensione e la dinamica di un thriller, che coinvolge il lettore in un susseguirsi di eventi tra il reale ed il fantastico, tra razionalità e follia. Il finale è difficile da decifrare, tra l’inverosimile e l’incomprensibile.

Un’ombra nell’acqua

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Titolo: Un’ombra nell’acqua

Autore: Catherine Steadman

Editore: Longanesi

Traduzione: Luca Bernardi

Erin e Mark sono una coppia londinese alla vigilia del matrimonio. Lei produce documentari per la televisione e lui è un trader che lavora nella City, entrambi hanno davanti un futuro professionale ricco di soddisfazioni e di soldi. Stanno per sposarsi, tutto sembra andare nella giusta direzione quando qualcosa spezza l’incantesimo. Mark perde il posto di lavoro in modo del tutto inaspettato. Improvvisamente il futuro sembra meno roseo. Il matrimonio non è in discussione, ma i due decidono di risparmiare sul pranzo, disdicono la prenotazione nel lussuoso ed esclusivo ristorante che avevano scelto, preferendo un pranzo meno sfarzoso e più economico. Ma il viaggio di nozze a Bora Bora viene confermato, è la luna di miele che avevano tanto desiderato e non vogliono rinunciarci. La vacanza procede magnificamente e Erin si lascia convincere a fare una immersione in mare. Appena si immergono vedono sul fondo qualcosa di inaspettato, continuano a scendere e fanno una scoperta che cambierà la loro vita. Proveranno a mantenere il segreto attorno alla loro scoperta ma non sarà possibile e alcuni eventi metteranno in pericolo tutto quello che hanno costruito nella loro vita.

“Un’ombra nell’acqua” è il primo romanzo scritto da Catherine Steadman e come esordio è promettente. Il libro cattura il lettore dalla prima pagina e la storia si sviluppa in modo originale ed accattivante con ambientazioni interessanti. La protagonista Erin racconta in prima persona e la scelta è azzeccata perché il risultato è una narrazione incisiva e attraente. Non ho trovato nel romanzo significati particolari, forse dimostrare come la vita di due persone possa cambiare repentinamente, ma secondo me l’obiettivo è stato quello di scrivere una storia avvincente. In effetti il libro si legge bene e garantisce ottimi momenti di relax e di evasione. Questo almeno fino a tre quarti del libro. Qualche dubbio sul finale che mi è sembrato un po’ eccessivo.

Addio Niki

Addio Niki. Te ne sei andato improvvisamente. Sapevano che le cose non stavano andando per il verso giusto, ma speravamo di rivederti ai box. Sei stato uno dei più grandi campioni del Motor Sport. Eri un grande pilota ma l’incidente del Nurburgring ti ha fatto diventare un eroe. Certo Merzario ti ha salvato la vita e non lo hai trattato proprio bene. Quella volta potevi fare meglio. Le tue ferite esteriori erano ormai un marchio di fabbrica, il simbolo del tuo coraggio. Le ferite interne ti hanno fatto soffrire dopo qualche anno e forse ti hanno portato via troppo presto. Hai perso un mondiale sotto la pioggia perché hai avuto paura, ti sei fermato prima che fosse troppo tardi. Sei stato un grande uomo, pilota, imprenditore e team manager. Eri passato al nemico Mercedes ma per noi sei sempre rimasto Niki, come quando guidavi la Ferrari. Il tuo italiano era peggiorato negli ultimi anni, ma eri rimasto sempre uno dei nostri.  Riposa in pace Niki, ci mancherai. Saluta James quando lo incontri.

L’intruso

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Titolo: L’intruso

Autore: Tana French

Editore: Einaudi

Traduzione: Alfredo Colitto

Gli investigatori Antoniette Conway e Stephen Moran della squadra omicidi di Dublino si trovano ad indagare sulla morte di una ragazza, Aislinn Murray, trovata cadavere nella sua abitazione. La sua fine è stata provocata da un pugno che l’ha stordita e nella caduta la testa ha sbattuto contro il caminetto che le ha provocato la ferita fatale. Sembra un litigio tra due innamorati che ha avuto una conclusione tragica, ma gli investigatori sono abituati ad evitare conclusioni affrettate.
Le indagini conducono verso il presunto fidanzato della ragazza, un certo Rory Fallen, un uomo che gestisce una libreria, con cui Aislinn aveva un appuntamento la sera in cui è morta. La tavola apparecchiata, la casa ordinata e pulita, tutto lascia immaginare ad una cena romantica finita male. Il giovane Rory viene convocato dagli investigatori che cominciano ad interrogarlo. I due investigatori Conway e Moran sono affiancati nelle indagini dal detective Breslin, che ha avuto dal capo della sezione l’ordine di collaborare con i due titolari dell’indagine per aiutarli nella risoluzione del caso. L’indagine si presenta lunga e complicata e gli investigatori si troveranno a fronteggiare una situazione molto complicata che potrà mettere a repentaglio le loro carriere. Il comportamento di Rory è ambiguo e poco lineare, le sue risposte poco convincenti e gli investigatori presto si convinceranno che proprio lui è il probabile colpevole. Ma alcuni episodi avvenuti all’interno della squadra omicidi consigliano prudenza e gli investigatori saranno costretti ad approfondire alcuni aspetti dell’indagine che prenderà direzioni del tutto inaspettate. Le indagini prendono in considerazione la presenza di una seconda persona sulla scena del crimine, per l’appunto “L’intruso”.

La storia è narrata in prima persona da Antoniette Conway, che racconta in dettaglio la sua storia, la storia di Aislinn e tutte le ripercussioni psicologiche che il lavoro di investigatore ha nella vita privata dei poliziotti. Soprattutto come nel caso di Antoniette che non è benvoluta dalla squadra in cui lavora al punto che sta pensando di abbandonarla. Dublino si rivela una città moderna con tante storie di solitudine e di difficoltà sociale, spesso sottovalutate dalle altre persone, impegnate a seguire il corso della propria vita.

“L’intruso” ha una trama complessa pur avendo un numero limitato di personaggi ma Tana French si dimostra molto abile nell’invenzione dell’intreccio, nei cambi di scenario, nelle soluzioni improvvise.

Una parte importante della storia è dedicata agli interrogatori, descrive le tecniche con cui sono condotti, per arrivare a far dire agli interrogati tutto quello che sanno ed anche quello che non vorrebbero dire, lavorando di fino sulla psicologia delle persone e sulla loro condizione di paura e di tensione dovuta alle ripercussioni che potrebbero avere risposte sbagliate.

Anche la vita di relazione tra poliziotti è parte importante del romanzo, con rapporti tra colleghi non sempre trasparenti ed al di sopra di ogni sospetto ed interesse.

La scrittura in prima persona con la protagonista che è la voce narrante, rende le emozioni, le paure e lo stress dei poliziotti in modo molto realistico e veritiero. La protagonista si rivela essere un personaggio difficile, inedito e non sempre facile da definire.

Una storia che sembra prendere strade sempre diverse e che solo alle ultimissime pagine rivelerà il vero colpevole. Un libro per gli amanti del genere che dovranno sostenere una prova consistente date le 624 pagine.

Il club degli uomini

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Titolo: Il club degli uomini

Autore: Leonard Michaels

Editore: Einaudi

Traduzione: Katia Bagnoli

“Il club degli uomini” è stato pubblicato nel 1978, un periodo in cui le donne avevano già conquistato i loro spazi per parlare di politica, di identità, della funzione all’interno della società. Nello stesso tempo gli uomini dimostravano di non avere le stesse capacità organizzative e spirito di iniziativa delle donne.

La voce narrante è un conoscente di Cavanaugh, ex giocatore professionista di pallacanestro, che sta organizzando un club riservato a soli uomini. Una cosa seria, una occasione per socializzare al di fuori della vita professionale e matrimoniale. L’invito è esteso a sette uomini che decidono di incontrarsi per una serata senza mogli o amanti, anche se non mancano le perplessità. Nessuno sa esattamente cosa accadrà in quella serata, ma provare non costa molto, in fondo si tratta solo di una serata. Il gruppo si incontra a casa di Harry Kramer, non tutti si conoscono, ma dopo qualche momento di imbarazzata esitazione, ognuno di loro inizia a parlare del più e meno per poi, quasi naturalmente, andare a raccontare qualcosa che riguarda il proprio passato. Tutti parlano inevitabilmente di donne, non delle mogli, ma delle altre, amanti occasionali o conoscenze casuali. Se qualcuno parla della propria moglie lo fa solo per raccontare aneddoti in cui la donna è uscita dal suo ruolo di moglie tradizionale ed ha abbandonato l’atteggiamento remissivo per avere un comportamento aggressivo, dominante, come se fosse lei l’altra. Ogni racconto è la dichiarazione di un fallimento, un modo per dimenticare per sempre le illusioni giovanili e prendere atto della necessità di basare la propria vita su sentimenti reali e concreti, basando il rapporto con la propria consorte sulla lealtà. La serata termina burrascosamente con l’arrivo della moglie di Kramer che non si aspettava di avere ospiti a casa, così come non si aspettava il disordine, la sporcizia e la devastazione del frigorifero di casa che era pieno di cose da mangiare che sarebbero servite per l’incontro con le sue amiche previsto per il giorno dopo. I due coniugi Kramer iniziano a litigare per risolvere l’improvvisa e giustificata crisi isterica di cui è preda la moglie, mentre gli altri ospiti, dopo qualche tentativo di aiutare a pulire e mettere a posto, sono caldamente invitati ad andare via. Salgono su una vettura e si dirigono verso San Francisco per una colazione alle luci dell’alba.

Il libro è una esplorazione dei pensieri degli uomini, che sono sempre alla ricerca di novità, insoddisfatti di quello che hanno e convinti che il meglio lo troveranno nella prossima avventura, per poi scoprire che è tutta una illusione. I sette ospiti de “Il club degli uomini”, che per l’autore sono rappresentativi del modo di pensare degli uomini, non ci fanno una grande figura, dimostrandosi interessati solo a donne, tradimenti e sesso, in una continua e perenne ricerca della prossima conquista. Gli uomini si dimostrano immaturi nonostante l’età di tutti i presenti sia intorno a quarant’anni, superficiali ed incapaci di tenere a bada i loro istinti. Le donne dimostrano di aver trovato il loro senso della vita, gli uomini sono ancora alla ricerca del loro. Un libro scritto nel 1978 che mantiene la sua attualità. Non è facile cambiare la testa degli uomini.

Ci vuole orecchio

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Titolo: Ci vuole orecchio

Autore: Gino Vignali

Editore: Solferino

Gino Vignali continua la sua attività di scrittore di romanzi gialli con la pubblicazione del secondo titolo della prevista tetralogia dedicata alla riviera romagnola dal titolo “Ci vuole orecchio”. La squadra dei protagonisti è rimasta la stessa del primo libro “La chiave di tutto”, come pure l’ambientazione, ossia Rimini e la sua famosissima riviera, anche se questa volta c’è un veloce viaggio a Montecarlo, la stagione è la primavera, per l’esattezza il mese di maggio. L’avventura inizia con il ritrovamento di una valigia nella rete di un peschereccio che sta pescando proprio al largo di Rimini. L’equipaggio del peschereccio scopre subito che all’interno della valigia c’è uno scheletro ed avvisa subito la Capitaneria di Porto del macabro ritrovamento. La squadra omicidi viene subito chiamata in causa, guidata dal vice-ispettore Costanza Confalonieri Bonnet. Le prime indagini sullo scheletro portano a scoprire che si tratta di una donna, dal fisico minuto e dalla postura assunta dal corpo all’interno della valigia senza subire fratture si pensa possa trattarsi di una contorsionista professionista. Le indagini sono subito orientate nel mondo circense. Dopo solo due giorni dal ritrovamento della valigia, una ricca ereditiera, molto nota a Rimini, viene uccisa nella propria abitazione. La donna stava vivendo un periodo di grande infelicità e di difficoltà esistenziali. Il testamento della vittima assegna gran parte del suo cospicuo patrimonio immobiliare ad una Fondazione che fa capo al medico che la aveva in cura, che diventa uno dei principali indagati insieme all’ex marito della vittima. Le due indagini saranno condotte in parallelo dalla squadra omicidi e l’avvenente Costanza Confalonieri dovrà dare fondo a tutte le sue risorse per trovare le soluzioni.

Il libro è molto piacevole, per il ritmo degli eventi, per le ambientazioni, per l’atmosfera frizzante e perennemente vacanziera che si respira a Rimini, grazie al mare, al clima ed alla simpatia dei suoi abitanti. I vari protagonisti con le loro storie personali sono un ottimo contorno alle vicende criminali della trama che ha una certa complessità, è ambientata in luoghi e ambiti sociali molto diversi tra loro. La storia mantiene sempre una alta credibilità e le vicende sono narrate con bello stile, chiaro e veloce. Molti i riferimenti a Fellini che danno al libro un tocco di nostalgico fascino. Il titolo del libro è un chiaro omaggio ad Enzo Jannacci, amico di Gino Vignali, entrambi coautori della canzone che da il titolo al libro.

L’autore Gino Vignali, oltre al merito di avere una ottima scrittura, ma su questo non c’erano dubbi, ha saputo creare personaggi inediti, divertenti e moderni, che danno vita a storie intriganti per una lettura divertente e rilassante.

Nero su bianco

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Titolo: Nero su bianco

Autore: Junichiro Tanizaki

Editore: Neri Pozza

Traduzione: Gianluca Coci

Jun’ichiro Tanizaki è stato uno dei principali scrittori giapponesi moderni che si è cimentato nel genere romanzo giallo solo una volta, scrivendo, “Nero su Bianco”, edito per la prima volta in Italia nel 2019 da Neri Pozza.

Il protagonista del romanzo è Mizuno, uno scrittore di romanzi dallo stile decadente che scrive testi che parlano delle paure e timori che tormentano la mente umana e di visioni negative del mondo. Mizuno è uomo solitario, divorziato dalla moglie, che sta sprecando il suo talento di scrittore, lavorando in modo saltuario e poco produttivo, vittima della pigrizia e dei suoi vizi. Mizuno ha consegnato da pochi giorni il suo ultimo racconto all’editore della rivista che lo deve pubblicare, quando si accorge che nel testo ha chiamato la vittima con il suo vero nome, ossia con il nome della persona reale da lui conosciuta a cui si era ispirato per creare il personaggio. Il timore di Mizuno è che la persona possa riconoscersi nel personaggio del romanzo e che qualcuno possa prendere spunto dal racconto ed uccidere realmente la vittima con le stesse modalità descritte nel racconto. Quindi l’intento di descrivere un omicidio perfetto, senza lasciare prove, potrebbe diventare, nel caso in cui qualcuno uccidesse realmente la vittima, la prova della sua colpevolezza. Mizuno è ossessionato da questa possibilità e dopo un lungo ripensamento decide che deve tentare di fermare la pubblicazione della rivista ma quando si decide a telefonare alla tipografia scopre che ormai è troppo tardi, la rivista è stata stampata ed è pronta per andare in edicola. Mizuno ritiene che il modo migliore per tirarsi fuori dai guai è quello di scrivere il seguito del romanzo per far apparire l’omicidio del personaggio come una delle tante scene del racconto e in qualche modo far capire che il suo scopo non era quello di eliminare la vittima. Cerca di mettersi subito al lavoro ma i suoi sforzi sono vanificati dalla conoscenza di una prostituta di cui si innamora, perdendo completamente la testa. Diventa il suo migliore cliente, cade in una spirale di piacere che lo porta completamente fuori di testa, perdendo i riferimenti temporali e dimenticandosi di tutti i suoi problemi. Mentre Mizuno si perde nel piacere, accade proprio quello che lui temeva, con le inevitabili temute conseguenze.

Nero su Bianco è un thriller anomalo, con il protagonista che è una persona completamente instabile, che non riesce sempre a distinguere ciò che è vero da ciò che è frutto della sua fantasia. Il bello del libro è proprio la miscela tra la finzione raccontata nel racconto di Mizuno e la realtà stessa vissuta da Mizuno, che nel tentativo di costruire un alibi che lo possa scagionare precipita nelle zone più torbide della città, finisce ancora di più vittima delle sue paranoie. Il libro ha ritmi lenti, abbastanza tipici nella letteratura giapponese.

Primo maggio

Seguo i temi del lavoro tutto l’anno per motivi professionali, ho a che fare quotidianamente con la formazione dei dipendenti e la sicurezza del lavoro. Trovo che la festività del primo maggio sia una ricorrenza ormai sbiadita, svuotata del suo reale significato, infarcita di retorica e di luoghi comuni, in cui molti parlano senza dire nulla che possa contribuire realmente a migliorare la situazione dei lavoratori meno fortunati o di coloro che sono senza lavoro. Ci vorrebbe meno ipocrisia e maggiore determinazione a fare qualcosa di concreto per chi il lavoro non lo ha e per chi è costretto a lavorare in condizioni impossibili.

In questi giorni sta facendo molto scalpore la protesta dei Food Rider, ossia coloro che in bicicletta consegnano cibo a domicilio. La protesta consiste nella minaccia di rendere pubblici nomi, abitudini ed altri dettagli privati dei clienti presunti VIP dal braccino corto che non lasciano mance a chi consegna loro le ordinazioni. La forma insolita di protesta ha scatenato una serie di articoli sui vari organi di informazione, smentite da parte degli interessati, tanti commenti pieni di odio sui social. Trovo questo tipo di protesta fuori luogo. I Rider stanno sbagliando bersaglio. Il loro nemico non sono i clienti che acquistano i servizi dalle aziende che li sfruttano. Non sono i clienti che devono elargire mance per arrotondare la misera paga che viene corrisposta dalle aziende a chi consegna le ordinazioni. I Rider fanno un lavoro rischioso, affrontano in bici il traffico delle città, sono costretti a lavorare con ogni condizione climatica, senza alcuna copertura assicurativa, senza nessuna dotazione di sicurezza pagata dall’azienda, per pochi spiccioli a consegna, mentre le aziende che li ingaggiano realizzano utili milionari. Per i food rider non ci sono tutele, non ci sono leggi o normative sulla sicurezza del lavoro, non ci sono salari minimi, non c’è nessuno che li difenda. E’ questa la modernità? E’ questo il progresso che avanza? No, affatto. E’ il vecchio che trionfa. Multinazionali ricche e potenti si muovono in modo scaltro e spregiudicato cogliendo di sorpresa i governi che spesso colpevolmente reagiscono con la velocità dei bradipi alle iniziative dei privati, senza riuscire a riscrivere regole e leggi continuamente e creativamente aggirate dalle aziende. Un anno fa i Food Rider erano nelle stesse condizioni ed oggi nulla è cambiato anzi l’unica cosa che è cambiata è la paga per consegna che è stata dimezzata. I food rider non dovrebbero protestare o scioperare. Dovrebbero fare molto di più. Dato che tutti dicono che guadagnano troppo poco ed il lavoro che fanno non dà loro nessuna prospettiva futura (per quanti anni si può fare il food rider?) dovrebbero fare un atto di coraggio collettivo e rinunciare a questo sfruttamento lasciando le aziende. Tutti, insieme, contemporaneamente e subito. Una azione collettiva, concreta, forte, coraggiosa. A beneficio di tutti loro ed anche degli altri che in futuro lavoreranno per le stesse aziende.

Perché accettare di essere sfruttati? I food rider possono essere presi come esempio di tutti i lavoratori costretti ad accettare condizioni impossibili. Ci sono esempi anche in altri campi, di aziende di dimensione mondiali, che stanno acquisendo posizioni quasi monopolistiche, che continuano a macinare profitti miliardari in euro o dollari imponendo ai propri dipendenti condizioni di produttività impossibili.

Bisogna riconquistare per tutti i lavoratori il diritto ad avere un lavoro dignitoso. Perché farsi sfruttare da aziende che grazie a questo sfruttamento fanno profitti milionari senza ridustribuire in modo equo gli utili ?

Un modello di business non può funzionare sottopagando la manodopera ed imponendo condizioni vessatorie a coloro che svolgono il lavoro sul campo. Questo sfruttamento andrebbe proibito dalla legge. Perché un semplice artigiano se ha bisogno di un aiutante lo deve assumere, formare, dotarlo di adeguati dispositivi di sicurezza, pagare tutti i contributi previsti, malattie, ferie, riposi e festività, mentre aziende milionarie possono permettersi di sfruttare i lavoratori che tengono in piedi il business senza offrire ai lavoratori condizioni minime accettabili? Non sono queste le aziende di cui abbiamo bisogno per risolvere il problema della disoccupazione, non sono questi i lavori che possono aiutare i disoccupati a trovare il modo di guadagnarsi da vivere. Questo è solo un esempio delle tante cose che non vanno nel mondo del lavoro. Ma nessuno fa niente, né il Governo né i Sindacati. Ed anche questo primo maggio 2019 sarà sprecato, solo tante parole e niente fatti. Intanto in Italia dal primo gennaio 2019 i morti sul lavoro sono 145.